venerdì 22 maggio 2015

02:47
Al giorno d’oggi, come in passato, i principali pregiudizi sono xenofobia (paura dello straniero), antisemitismo (disprezzo nei confronti degli Ebrei) e omofobia (rifiuto degli omosessuali). Di queste tematiche abbiamo discusso in classe con Davide, l’educatore che ci aveva precedentemente accompagnate per un’uscita nell’ambito del progetto sulla biodiversità.
Abbiamo preso in considerazione alcuni articoli di giornale con fonti assolutamente inattendibili, o che presentavano incongruenze storico-temporali. Prima di avere questi chiarimenti però, molte di noi credevano che le notizie fossero vere, perché riguardavano luoghi o periodi storici che conosciamo solo parzialmente, “per sentito dire”, come la Cina contemporanea e gli Stati Uniti d’America agli inizi del 1900, alle quali i due articoli erano riferiti. Ci è semplicemente bastato trovare qualche dettaglio verosimile, almeno secondo il nostro immaginario, per credere che i fatti riportati fossero realmente accaduti. Questo lavoro ci ha dimostrato che sono più le volte in cui ci lasciamo abbindolare da supposizioni, che quelle in cui i nostri stereotipi corrispondono alla realtà. Gli stereotipi, che sono modi semplificati di comprensione della realtà, spesso si trasformano in pregiudizi.
I pregiudizi molto spesso ci vengono trasmessi in maniera indiretta attraverso i mass- media.                                                                                              
L’incontro con Davide ci ha fatto capire maggiormente questo aspetto. Per essere informati giustamente sull’ attualità dobbiamo sempre filtrare le informazioni presenti in rete o sui giornali perché, come egli ci ha dimostrato, a volte sono del tutto infondate e innescano in noi pregiudizi. Ma spetta a noi decidere di mettere fine a tutto ciò, partendo dalle piccole cose: come informarci meglio sulla veridicità delle notizie attingendole da più fonti, oppure non rimanendo fissi nelle nostre categorie mentali sugli individui, ma conoscere gli altri in quanto persone e non “appartenenti a quella determinata categoria”.
I pregiudizi sono sempre esistiti in tutte le civiltà e in ogni uomo. Basta pensare alla 2°Guerra Mondiale e al Nazismo e prendere in considerazione il fenomeno dell’antisemitismo. Con quest’ultimo termine intendiamo un forte disprezzo nei confronti degli Ebrei che ha appunto caratterizzato la Germania ed i Tedeschi in quegli anni. Analizzando il loro comportamento ci si rende conto che corrisponde perfettamente alla teoria dell’identità sociale elaborata dallo psicologo Tajfel. Secondo questa idea l’individuo, inizialmente, tende a sentirsi parte di un gruppo e a stabilire chi invece non vi appartiene, per poi accentuare le differenze, così da aumentare la propria autostima e credere che la propria categoria sia la migliore. Proprio in questo modo i Tedeschi si sono collocati all’interno della “razza” ariana ritenendola  predominante, disprezzando e odiando spudoratamente gli Ebrei insieme a zingari, omosessuali e persone portatrici di handicap.
E’ possibile eliminare i pregiudizi? Certamente non è un’operazione semplice, ma diversi studiosi hanno individuato varie modalità che potrebbero contribuire ad attenuarli: lo psicologo Allport ritiene che sia necessario l’incontro con i membri dell’outgroup ( esterni al nostro gruppo )ma questa teoria non sempre funziona: ad esempio in ambito scolastico, dove nonostante convivano  soggetti appartenenti a gruppi sociali differenti non sempre c’è assenza di pregiudizio.                              
Lo psicologo Tayfel, invece, attraverso le sue ricerche ha scoperto che mettendo dei ragazzi nella condizione di dover risolvere un problema comune in cui era necessaria la collaborazione di entrambi i gruppi, le tensioni precedentemente esistenti tendevano a diminuire.                                                    
Nelle relazioni umane, quindi, spesso incontriamo pregiudizi, ma con forza di volontà e impegno possono essere attenuati, in modo da evitare scontri, rivalità e ostilità fra i diversi gruppi sociali e affinchè sia valorizzata e  preservata la diversità culturale umana.
Il filosofo e sociologo Adorno ha scritto il libro “La personalità autoritaria ”, nel quale afferma che il pregiudizio si diffonde più rapidamente nelle persone sottomesse all’autorità, rigide nel pensiero, intolleranti e conformiste. Secondo Adorno le persone con questa personalità hanno alle spalle un’educazione familiare repressiva: cresciuti nel rigido rispetto della disciplina, è possibile che da adulti cerchino protezione nell’autorità ed esprimano la loro aggressività su persone deboli o ritenute diverse.                                                                                                                                     
In riferimento alla teoria di Adorno è interessante il film “I ragazzi del Reich” , in cui  vengono descritti i metodi educativi di tipo repressivo che venivano utilizzati sui giovani tedeschi destinati a diventare generali  nazisti. Questi giovani finivano per accettare le idee naziste e a ritenere giusto non accettare le diversità e le idee degli altri.
In riferimento al razzismo è interessante il libro di Tahar Ben Jelloun “Il razzismo spiegato a mia figlia”, nel quale viene approfondito il tema del razzismo, come nasce e come attenuarlo.                     L’ uomo ha quelli che vengono chiamati pregiudizi: giudica gli altri ancora prima di conoscerli, crede di sapere già chi sono e quanto valgono. Il razzista crede e fa credere che lo straniero appartenga ad un’altra razza considerata inferiore, ma ha completamente torto: esiste una sola specie umana.                                                                                                                                                 

Nessun bambino nasce razzista e se i genitori e il contesto sociale non lo influenzano con idee razziste non c’è motivo che lo diventi. La lotta al razzismo parte proprio dall’educazione dei ragazzi. Per attenuare i pregiudizi è quindi una buona idea invitarsi gli uni con gli altri, imparare a conoscersi, parlarsi, ridere insieme, condividere momenti piacevoli e  le stesse preoccupazioni. 

                                                                                                                                LA CLASSE 2L

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